Il fumetto è essenzialmente uno modo di comunicare e raccontare delle storie. La sua particolarità è costituita dal mettere in relazione un testo e delle immagini grazie a un insieme di regole che ne definiscono la forma specifica. Proprio perché mette insieme immagini e testo, il fumetto può essere definito come letteratura disegnata, e dunque mettendone in rilievo la vicinanza con i romanzi e i racconti.
ROY LICHTENSTEIN
( New York,1923- 1977)
L’inizio degli anni sessanta comincia a produrre dipinti ispirati ai fumetti o ad altre immagini di largo consumo, comprese le riproduzioni di celebri capolavori d’arte. Per lo più egli inquadra grandi particolari di una figura o di un oggetto, enfatizzando un tipo di ottica ravvicinata già in uso appunto nelle sequenze delle “strips” e influenzata a sua volta dallo “zoom” cinematografico.
I Fumetti di Lichtenstein non sono inventati, ma riprendono modelli reali dalla stampa di diffusione sottoponendo tuttavia le immagini ad alcune variazioni, atte a esaltare la particolarità del segno e delle colorazioni. I grossi contorni neri acquistano l’eleganza e l’incisività di un arabesco; la loro elementare e ricolma forza plastica è accresciuta dalla costrizione dell’immagine in una inquadratura che non lascia quasi spazio ai vuoti ed esagera la grandezza dei dettagli.I colori mimano la compatta stesura degli inchiostri tipografici, ma acquistano risalto e purezza.
La forza barbarica delle immagini “popolari” è riscattata in un esercizio di riscrittura, di sofisticata finezza. Le campiture dei volti o di altre parti della scena inquadrata sono trattate con un puntinato che si ispira al ‘retino’ tipografico, ma lo trasforma in una nuova tecnica di rilevamento dell’immagine che ricorda la tradizione del divisionismo.
Particolare, inoltre, è l’alternanza nella scelta di modelli presi a prestito tra fonti colte e fonti popolari, ponendo allo stesso livello il fumetto oppure la riproduzione di un tempio greco, o di un quadro di Cézanne, di Picasso o di Mondrian.
Un’operazione analoga a quella di Lichtenstein compiono, sempre all’inizio degli anni Sessanta, altri esponenti della Pop Art come James Rosenquist, Tom Wesselmann e Robert Indiana, che si ispirano a cartelloni pubblicitari, illustrazioni di riviste e panoramiche della vita moderna.
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